venerdì 10 dicembre 2010

"Caro Renzi, ma come fa uno come lei a stare con i comunisti?"

"Salve, Sindaco. Posso darti del tu? Dammi del tu anche tu."

Diciamolo subito: lo "sbarbatello" Matteo Renzi se la sta ridendo sotto i baffi. In quest'ultimo mese e mezzo che si sta vivendo come il respiro prima del tuffo in attesa del voto di fiducia è riuscito (unico tra tutti) per ben due volte a catalizzare l'attenzione su di sé e su qualcosa che non fossero le scintille Berlusconi-Fini.
La prima, in verità, se l'è cercata fortemente quando ha indossato il caschetto giallo del rottamatore insieme alla meglio gioventù del PD ed ha sparato ad alzo zero contro la dirigenza del proprio partito colpevole, secondo lui, di essersi incartata nella discussione politico-filosofica tra le anime D'Alemiana e Veltroniana della sinistra. Cioè nella fuffa.

La seconda, invece, se fosse stata (come crediamo) preparata ad arte sarebbe da applausi a scena aperta. Non solo è riuscito, come dicevamo, a ritagliarsi il suo spazio di visibilità ma ha addirittura portato un'altra dimostrazione a sostegno della sua tesi riguardo il PD ossessionato da Berlusconi tanto da perdere il contatto con la realtà del Paese. Al di là delle diverse vedute, ci piace questo Renzi.

Non piace, invece, alla nomenklatura dei "dem" italiani. E' stato sufficiente (udite udite) accettare un invito a merenda  da parte del Premier Berlusconi nella sua dimora di Arcore per scatenare le più scomposte reazioni tra i suoi, primo fra tutti il Segretario-senza-giacca Bersani che lo ha rimproverato col suo piglio deciso dicendo che: "la sede opportuna sarebbe stata Palazzo Chigi, se se ne scelgono altre si può capire male". Chissà quindi cosa deve aver capito Bersani. Renzi ha provato a spiegare in numerose interviste (come questa da Mentana al TgLa7) che è normale ed auspicabile che un sindaco di una grande Città abbia dei rapporti con il Presidente del Consiglio, tantopiù che il merito della questione erano dei finanziamenti speciali per il Capoluogo toscano da inserire nel "Milleproroghe". Rimaniamo tuttavia scettici sul fatto che possano e vogliano chiarirsi. E' oggettivamente troppa la differenza nella mentalità, nei modi e nell'approccio alla politica tra chi proviene dalla stanca cultura catto-comunista italiana e chi, al contrario, vive nel terzo millennio.


Oggettivamente, comunque, se Renzi piace al PdL e viene criticato dal PD un problema ci sarà; per lui o per il suo partito è difficile dirlo, rimane il fatto che qualcuno che dichiara "io vado oltre la contrapposizione ideologica. Mi piace parlare concretamente delle questioni che deve affrontare un amministratore" non può che suscitare simpatia nell'elettorato di centrodestra. Forse il problema è in chi ha suscitato antipatia. 


Chissà fino a quando Firenze riuscirà a contenere la sua debordante personalità; in fondo le primarie potrebbero essere dietro l'angolo.


AG



  

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