lunedì 13 dicembre 2010

Terzo "pollo" a chi?

Esser democristiani non è difficile e anche se non tutti possono vantare un passato politico nelle fila della storica DC sono in molti a professarsi tali, chi apertamente, chi a mezza bocca, chi di fatto. Addirittura chi ha militato e diretto l'MSI ed è stato allievo del repubblichino Almirante ora si autoproclama moderato...
I "veri" democristiani sono, però, tutt'altra cosa, maestri assoluti dell'arte della sfuggevolezza; nessuno riuscirà mai a far dire ad un democristiano qualcosa che esso stesso non abbia intenzione di rivelare, tentarci è tempo perso.

Questa non può essere un'abilità acquisita, si è così dalla nascita. Sta poi all'appprendista democristiano sviluppare tale dote.
Accade, però, che talvolta l'attenzione possa calare, specialmente in condizioni di forte stress come, ad esempio, quando ciò che il democristiano tiene nella più alta considerazione (la propria poltrona) subisca dei rischi. Quando ciò avviene anche il migliore tra tutti può - attenzione - rivelare almeno in parte quello che sinceramente pensa.


Questo è quanto è successo a Casini in quel di Benevento, dove ha dichiarato che in questo "futuribile" Terzo Polo non crede affatto. In tutta onestà lo stavamo aspettando un po' tutti il Pier; possibile mai - ci chiedevamo - che abbia seriamente intenzione di svendere così il partito che con tanta costanza ha posizionato nella terra di nessuno del Parlamento Italiano?

Non poteva essere ed infatti non è stato.

Accortosi dell'errore è subito corso ai ripari facendo capire che, per carità, i rapporti con Fini non potrebbero essere dei migliori e si è tutti convinti e compatti (?) nel votare la sfiducia di domani. Purtroppo le immagini sono come al solito impietose e ciò che è stato detto è stato detto. La smentita è un altro rito che i veri democristiani celebrano con meravigliosa eleganza. 
Nella realtà è ovvio che, fino al voto di fiducia, Pier non voglia abbandonare a favore di altri tutto il lavoro d'opposizione che l'UDC ha svolto nella legislatura; d'altra parte, al contrario di Fini, lui ha sempre votato contro il Governo, e questo è un nodo centrale di riflessione politica.

Cosa ha da perdere Casini in una guerra di logoramento parlamentare? A dire il vero molto poco, cosa che non si può dire né di Rutelli né, tantomeno, di Fini, il quale comincia a sentire il peso della responsabilità della crisi interamente sulle proprie spalle. Che cosa fa allora Pier? Si dimostra lieto di accogliere sulle sue posizioni i nuovi arrivati ma è pronto a mollarli non appena appaia qualcosa di vantaggioso all'orizzonte come un ingresso al Governo da salvatore della Patria e delle Istituzioni.


E Fini è sistemato: non si andrà a votare ma il progetto di dare "dignità politica" alla scissione che ha compiuto ed alla crisi che ha aperto si squaglia davanti all'incapacità di creare un nuovo soggetto politico dal quale partire per comporre l'embrione della Terza Repubblica. L'onere di dover spiegare l'insuccesso sarà un fardello pesante che non potrà condividere con nessuno.
Casini, seppur prima donna tanto se non più di Fini, ha accettato che un regicidio è impossibile e che Berlusconi lascerà quando sarà lui stesso a deciderlo.

La pazienza è la vitù dei forti, qualcuno non ne ha.

PC


venerdì 10 dicembre 2010

"Caro Renzi, ma come fa uno come lei a stare con i comunisti?"

"Salve, Sindaco. Posso darti del tu? Dammi del tu anche tu."

Diciamolo subito: lo "sbarbatello" Matteo Renzi se la sta ridendo sotto i baffi. In quest'ultimo mese e mezzo che si sta vivendo come il respiro prima del tuffo in attesa del voto di fiducia è riuscito (unico tra tutti) per ben due volte a catalizzare l'attenzione su di sé e su qualcosa che non fossero le scintille Berlusconi-Fini.
La prima, in verità, se l'è cercata fortemente quando ha indossato il caschetto giallo del rottamatore insieme alla meglio gioventù del PD ed ha sparato ad alzo zero contro la dirigenza del proprio partito colpevole, secondo lui, di essersi incartata nella discussione politico-filosofica tra le anime D'Alemiana e Veltroniana della sinistra. Cioè nella fuffa.

La seconda, invece, se fosse stata (come crediamo) preparata ad arte sarebbe da applausi a scena aperta. Non solo è riuscito, come dicevamo, a ritagliarsi il suo spazio di visibilità ma ha addirittura portato un'altra dimostrazione a sostegno della sua tesi riguardo il PD ossessionato da Berlusconi tanto da perdere il contatto con la realtà del Paese. Al di là delle diverse vedute, ci piace questo Renzi.

Non piace, invece, alla nomenklatura dei "dem" italiani. E' stato sufficiente (udite udite) accettare un invito a merenda  da parte del Premier Berlusconi nella sua dimora di Arcore per scatenare le più scomposte reazioni tra i suoi, primo fra tutti il Segretario-senza-giacca Bersani che lo ha rimproverato col suo piglio deciso dicendo che: "la sede opportuna sarebbe stata Palazzo Chigi, se se ne scelgono altre si può capire male". Chissà quindi cosa deve aver capito Bersani. Renzi ha provato a spiegare in numerose interviste (come questa da Mentana al TgLa7) che è normale ed auspicabile che un sindaco di una grande Città abbia dei rapporti con il Presidente del Consiglio, tantopiù che il merito della questione erano dei finanziamenti speciali per il Capoluogo toscano da inserire nel "Milleproroghe". Rimaniamo tuttavia scettici sul fatto che possano e vogliano chiarirsi. E' oggettivamente troppa la differenza nella mentalità, nei modi e nell'approccio alla politica tra chi proviene dalla stanca cultura catto-comunista italiana e chi, al contrario, vive nel terzo millennio.


Oggettivamente, comunque, se Renzi piace al PdL e viene criticato dal PD un problema ci sarà; per lui o per il suo partito è difficile dirlo, rimane il fatto che qualcuno che dichiara "io vado oltre la contrapposizione ideologica. Mi piace parlare concretamente delle questioni che deve affrontare un amministratore" non può che suscitare simpatia nell'elettorato di centrodestra. Forse il problema è in chi ha suscitato antipatia. 


Chissà fino a quando Firenze riuscirà a contenere la sua debordante personalità; in fondo le primarie potrebbero essere dietro l'angolo.


AG



  

giovedì 9 dicembre 2010

Similes cum similibus


Diciamoci la verità: nessuno può azzardare una previsione su ciò che succederà da qui al 14 Dicembre quando alla Camera si voterà la fiducia al Governo Berlusconi. Quando si crede di aver compreso dove si indirizzeranno i voti, ecco che compare qualche dichiarazione di esponenti di maggioranza, opposizione o Terzopolisti.

In questo quadro le dichiarazioni di Di Pietro che, rispondendo all'invito di Granata, parla di "listone" e quindi di possibile alleanza con FLI/Terzopolo in ottica anti-Berlusconi gettano ulteriore confusione sulla già ingarbugliata situazione.

Ma come: Fini rigetta la proposta indecente del PD di una "strana alleanza" di Unità (sì, ci manca solo Concita...) nazionale poiché, dice, l'orizzonte politico di FLI spazia solo nell'ambito del Centrodestra ed allo stesso tempo i suoi fedelissimi flirtano con Di Pietro? E anche quest'ultimo, che non è mai stato tenero nei confronti di Fini imputandogli scarso coraggio politico nel rimandare lo switch-off del Governo, ora considera FLI un potenziale alleato? Qualcosa non torna.
O forse sì.

I sondaggi elettorali sulle intenzioni di voto sono materia da maneggiarsi sempre con cura, si pensi alle cantonate che alcune agenzie hanno preso soprattutto durante gli ultimi tre anni; nonostante ciò alcuni dati pubblicati da alcuni fra i più quotati istituti (Euromedia, IPR Marketing, Ipsos, Crespi) sono, in verità, curiosi.
Il PdL, dopo una comprensibile fase di calo di consenso dovuta alla scissione finiana ed alla crisi di Governo, torna a crescere seppur di poco. Vien da pensare: magari qualche elettore scontento del PdL sta meditando una marcia indietro rispetto alle proprie posizioni; a guardare meglio, però, ci si accorge che FLI viene data quantomeno stabile se non in lieve guadagno. Ma se il PdL non perde più voti ed anzi ne guadagna, come fa a farlo anche FLI? Non condividevano forse lo stesso elettorato? E, a ben vedere, anche il folto popolo degli indecisi/astensionisti rimane stabile.

C'è però qualcuno che si trova a dover far fronte ad un'emorragia di voti ed è L'IDV di Di Pietro. Bei tempi quelli in cui Tonino poteva dire quello che voleva rappresentando un sicuro punto di riferimento per gli anti-berlusconiani più convinti ed insoddisfatti delle non prese di posizione di un ammuffito PD. Senza comunisti al Parlamento chi poteva offuscare la sua immagine di oppositore duro e puro (puro?) del Presidente del Consiglio?
Purtroppo per lui in politica non è mai concesso vivere a lungo di rendita e sta rischiando ora di venir superato in una gara di anti-berlusconismo da Fini che in un battibaleno è diventato il nuovo eroe del popolo dell'odio.
Certo, c'è da riflettere anche sulla composizione dell'elettorato di Futuro e Libertà per l'Italia, un partito governato da ex-missini che ora giurano d'esser diventati moderati e liberali e che verrebbero votati da oltranzisti massimalisti di sinistra.

Ovviamente fino al 14 tutto è in divenire ma le mosse di Di Pietro sembrano andare, da amante della saggezza popolare, verso la direzione del "se non puoi battere il nemico alleatici".


Il simile con il simile.

AG

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