martedì 20 aprile 2010

Più che una corrente... uno spiffero.


Tutto troppo semplice. Almeno all'apparenza. Intervistato da “il Giornale” a proposito – ça va sans dire – della questione Fini, il neo rieletto Presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni ha risposto: «si presentino due mozioni, le si votino e si vedrà così quale uscirà vincitrice. Un grande partito opera così».

Grazie tante. E' il sogno di ogni politico: convocare elezioni solo quando si è sicuri di vincerle; anzi di stravincerle come accadrebbe nell'attuale contingenza. Quanti tra di voi, infatti, punterebbero anche un solo soldo bucato sulle speranze di vittoria di un'eventuale “mozione Fini”? La domanda è, ovviamente, retorica e la risposta scontata. Questo non vuol dire, però, che non sia stata posta ai parlamentari ex-AN e gli esiti non sono certo stati incoraggianti per Bocchino&Co. Erano in cerca di 20 deputati e di 10 senatori per formare un gruppo parlamentare autonomo ma ne hanno trovati rispettivamente 18 e 9. Non proprio una corrente, semmai, appunto, uno spiffero.

Uno spiffero che, al massimo, può aver causato un raffreddore (più fastidioso che altro) al Presidente del Consiglio. Berlusconi, infatti, contrariamente alle precedenti crisi con Fini non sembra assolutamente aver voglia di fare sconti né, tantomeno, passi indietro.
«Se troveremo la quadra con Fini? Non dipende da me», ha risposto a Vespa. La posizione è dura, certamente, ma non si può certo dire che sia lontana dal vero. Fini ha deciso di rompere gli indugi e di passare il Rubicone; se poi, andando alla conta, ha scoperto di essere rimasto solo o quasi ed è per questo rimasto a metà del guado, il problema non può che essere il suo.

Deve esserci da parte Finiana, quindi, un'attenta analisi politica della situazione. E deve esserci in tempi brevi. Rimanere così allo scoperto sotto il fuoco incrociato potrebbe creare una frattura insanabile con gli elettori, ammesso che non si sia già creata.

In un paio di giorni è atteso un documento che Fini e i suoi hanno intenzione di presentare alla Direzione Nazionale del partito di Giovedì 22, alla presenza di Berlusconi stesso. Avremo modo perciò di leggere attentamente le motivazioni dello strappo e l'elenco completo dei parlamentari “dissidenti”. Che cosa ci aspetta dunque?

Alla fine la montagna potrebbe partorire un topolino. Scongiurata, al momento, l'ipotesi del gruppo parlamentare autonomo rimane una sola altra opzione: al prezzo di una nomina da far decadere (come per esempio la vice presidenza del gruppo PdL alla Camera di Bocchino), Fini porrà le basi per una semplicissima corrente interna di minoranza. Una posizione debole e temporanea, certo, ma che toglierebbe lui e i suoi dal centro del ciclone in attesa di nuovi sviluppi.

Non è da trascurare la presenza dei ministri leghisti Maroni e Calderoli alla riunione straordinaria convocata oggi da Berlusconi per preparare il big match di Giovedì. Il segnale è chiaro: l'asse della maggioranza è rappresentato da Berlusconi e da Bossi. Non si accettano interferenze da parte di “soci di minoranza”.


Giusto o sbagliato che sia starà a Fini l'onere di prenderne atto e di lavorare – sottotraccia sarebbe meglio per tutti – per ritagliarsi il suo spazio riconquistando la fiducia dell'elettorato che può arrivare solo rimboccandosi le maniche della camicia e ricreando quel rapporto con la base, i quadri intermedi ed i militanti che Fini sembra aver tralasciato preso com'era da tutta la pletora di associazioni-organizzazioni-fondazioni a lui vicine dove, finora, si è praticato moltissimo onanismo intellettuale ma dalle quali non sono uscite tesi applicabili alla politica reale degne di nota.

AG

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